mercoledì 3 dicembre 2014

Rifiuti, Legambiente:" Troppe le discariche in Italia: tartassiamole"




Ridurre, riutilizzare, riciclare la materia e recuperare energia: sono queste le 4R che, applicate in quest’ordine, non solo regolano la corretta gestione dei rifiuti, ma sono anche i principi che da molti anni si sono trasformati in legge, sia in Italia che in Europa. Eppure nel nostro Paese, anche se negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti, solo il 30% dei rifiuti viene raccolto e avviato al riciclo, infrangendo le prime tre R e allontanandoci dagli obiettivi fissati a livello comunitario.

In Italia le discariche costituiscono ancora la via principale per smaltire i rifiuti, modalità che alimenta affari illeciti e impedisce lo sviluppo di un ciclo virtuoso fondato su riciclaggio e prevenzione oltre ad essere una pericolosa fonte di inquinamento per la salute dei territori, delle persone. Nelle Marche, per fare un esempio, in provincia di Ascoli Piceno, in controtendenza alle direttive europee che prevedono un incremento del riciclo dei rifiuti nei prossimi anni, le istituzioni locali sembrano puntare sull'ampliamento della discarica gia' esistente, senza valutare eventuali e ben piu' valide alternative. Un vero e proprio paradosso.

“La condanna che la Corte Ue ha inflitto all’Italia - dichiara Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale di Legambiente -, per non essersi ancora adeguata alla direttiva rifiuti sulle discariche, è il finale di un film iniziato nel 2003, quando l'Italia ha recepito la direttiva sulle discariche del 1999. In diverse regioni del nostro Paese la discarica rimane, purtroppo, la principale opzione di gestione dei rifiuti, perché economicamente conviene. Per questo è necessario ripensare ad un nuovo sistema di penalità e premialità per un’Italia rifiuti Free. Serve un nuovo sistema di incentivi e disincentivi per fare in modo che prevenzione e riciclo risultino più convenienti, anche economicamente, rispetto allo smaltimento in discarica".

Secondo Ciafani, quindi, "la formula chiave è quella di tartassare lo smaltimento in discarica, eliminare gli incentivi per il recupero energetico dai rifiuti, incentivare il riciclaggio perché diventi più conveniente del recupero energetico, promuovere una serie di politiche di prevenzione con il principio del 'chi inquina paga'. Per questo - annuncia - chiediamo che venga modificata in Parlamento l’ormai superata legge del 1995 che istituì l’ecotassa sulla discarica, come previsto dal disegno di legge collegato ambientale alla legge di stabilità, già approvato alla Camera, e ora in discussione in Commissione Ambiente del Senato”.

 “Inoltre – aggiunge Ciafani - chi produce più rifiuti deve pagare di più: questo deve valere per le aziende ma anche per i nuclei familiari. Ci auguriamo fortemente che il Ministro dell'ambiente approvi al più presto il decreto ministeriale sulla tariffazione puntuale previsto dalla legge di stabilità dello scorso anno e non ancora emanato, nonostante il termine ultimo fosse il mese di giugno 2014”.

In Italia, dunque, ci sono troppe discariche. E la loro aspettativa di vita è brevissima: con i ritmi attuali di smaltimento, le discariche italiane si esauriranno nei prossimi due anni. A lanciare l’allarme è WAS Waste Strategy, il primo think-tank dedicato alla gestione dei rifiuti, in un rapporto recentemente presentato a Roma.

Il mix di gestione italiano è ancora troppo sbilanciato sulle discariche – avverte il rapporto – che in alcune aree del nostro Paese sono la destinazione finale di oltre il 90% dei rifiuti urbani prodotti, anche se la media nazionale si attesta sul 37%. In questo quadro generale le situazioni più critiche sono in Lazio, Sicilia, Calabria, Puglia e Liguria. Sorprendentemente, ma non troppo, la Campania è messa meglio della Toscana. La Lombardia rappresenta l’eccellenza, con una capacità di incenerimento superiore alla produzione regionale di rifiuti.

Stando a quanto si legge nel rapporto, sono proprio i termovalorizzatori a mancare in Italia e dall’analisi dei Piani Regionali emerge la tendenza a continuare a puntare sulle discariche. Anche qualora previsti, i termovalorizzatori raramente giungono a costruzione: della capacità prevista dagli ultimi Piani Regionali disponibili ne è stata realizzata meno del 20%.

Al contrario, il modello verso il quale si tenderà in futuro è quello dei Paesi del Nord Europa: Germania, Olanda ed altri quattro Paesi europei sono già “a discarica zero”, ossia smaltiscono in discarica meno del 5% dei rifiuti. A tale modello punta infatti la revisione delle principali direttive europee in materia di rifiuti, attualmente in corso, che evidenzia obiettivi davvero sfidanti: bisognerà arrivare ad una quota di riciclaggio dei rifiuti pari al 50% nel 2020 e 70% nel 2030. Novità sono previste anche in tema di prevenzione, con l’introduzione di un obiettivo di riduzione dei rifiuti alimentari del 30% entro il 2025. E ci saranno cambiamenti anche per i produttori che dovranno rendere i loro imballaggi sempre più riciclabili.

Per il think-tank WAS, il raggiungimento degli obiettivi previsti al 2030 dalle revisioni delle direttive UE comporterebbe benefici potenziali netti per l’Italia fino a 15 miliardi di euro circa. La scelta più logica sembrerebbe dunque quella di procedere lungo il sentiero tracciato dai Paesi del Nord Europa aumentando, da un lato, le percentuali di raccolta differenziata e di recupero dei materiali e, dall’altro, puntando convintamente sulla termovalorizzazione dei rifiuti indifferenziati.

Per raggiungere gli obiettivi citati sono necessari ingenti investimenti, soprattutto per la realizzazione degli impianti di termovalorizzazione: basti pensare che nell’ultimo triennio i 70 top players del settore hanno investito oltre 1 miliardo di euro. Ma nuovi investimenti tarderanno ad arrivare in mancanza di una normativa nazionale chiara che superi le incoerenze delle varie pianificazioni regionali e in assenza di un soggetto unico per la regolamentazione del settore.

Per venire incontro alle richieste dell’Europa e per far fronte al deficit di infrastrutture per la gestione dei rifiuti, il decreto Sblocca Italia parrebbe timidamente andare nella giusta direzione, prevedendo la realizzazione di una rete nazionale degli impianti di recupero e smaltimento. La norma semplificherà le procedure per l’individuazione dei siti e la realizzazione dei nuovi impianti, permettendo alle strutture esistenti di trattare anche rifiuti extra-bacino fino alla saturazione della capacità autorizzata.



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